Nota Stampa – Da giovedì Torino è più povera e meno libera

Da giovedì Torino è più povera e meno libera. Si è scoperta più violenta e meno solidale. Ha scoperto di voler marginalizzare la cultura del dissenso, l’autogestione, la diversità. Ha scoperto una voglia nuova di normalizzazione spietata. Sono giorni brutti, ma brutti davvero. Un mezzo esercito di mezzi della Polizia di Stato ha fatto piovere su Torino da tutto il nord Italia interi reparti in assetto antisommossa, armi e sirene, uomini, mezzi e denari. Per cosa? Per sgomberare un pacifico centro di protagonismo sociale e arrestare sei pericolosissime persone. Pericolosissime, siamo sicuri? Un intero quartiere sotto assedio, la quotidianità sospesa e un nuovo ordine – nei fatti – militare. Nel silenzio. O tra gli applausi di una parte consistente e preoccupante delle istituzioni, per tacere del vergognoso delirio di una tale che ha evocato la necessità di “un po’ di scuola Diaz”.

Non entreremo qui nel merito dello sgombero – anche se sono molte tra noi le sensibilità estremamente critiche sulla sua effettiva necessità – ma intanto sul metodo. La violenza istituzionale (che ha prodotto una altrettanto inaccettabile violenza da parte di altri, che stigmatizziamo senza possibili compromessi), l’ingombrante presenza poliziesca hanno indotto e inducono paura, allarme e producono, nei fatti, enormi danni a tutto il tessuto sociale. Tutto questo per sgomberare con la forza uno spazio di cultura sociale storico, luogo di solidarietà e resistenza, nato su un tessuto abbandonato nei decenni dalla città, dalla politica istituzionale e dalle imprese che ora, invece, paiono di colpo essere interessate a eventi di cosiddetta riqualificazione, ossia speculazione.

È notizia di ieri, poi, l’invasione di mezzi pubblici da parte di agenti della Polizia di Stato in assetto di guerra urbana per condurre “arresti preventivi” di liberi cittadini che si stavano recando a un presidio del tutto pacifico per manifestare il proprio libero pensiero e la contrarietà alle prese di posizione della Sindaca di Torino in merito allo sgombero. Il tutto riveste caratteri d’ingiustificata e spropositata violenza, certo guidata da precise indicazioni politiche del Ministero dell’Interno, occupato a creare situazioni di tensione e a favorirne l’esplosione, in modo da giustificare l’uso di strumenti di coercizione.

Ancora una volta una ricetta semplice per non affrontare problemi complessi come la povertà e l’emarginazione: trovare utili capri espiatori per il carico di peccati sociali di una città che non ha saputo o voluto, non solo negli ultimi anni, confrontarsi in modo autentico rispetto alle istanze sociali di intere fasce della popolazione. L’attacco è rivolto non solo ai centri sociali, ma a intere categorie indigeste di “nemici pubblici” quali le persone povere, migranti o non conformi. Gli eventi dell’Asilo non sono che un apriscatole simbolico per giungere in breve tempo a nuove situazioni di controllo e sopraffazione. Sostenere che l’Asilo fosse il principale responsabile delle difficoltà economiche di un intero quartiere è non solo una sciocchezza ma un’autentica dichiarazione programmatica che, in ultima analisi, giustifica l’apartheid sociale e la soppressione delle aree di dissenso.

In ultimo il Coordinamento Torino Pride si interroga e interroga amministratori e politici sulla evidente asimmetria di reazioni che ha riscontrato il gravissimo atto di intimidazione neofascista messo in atto da Forza Nuova ai danni di Pulmino Verde ONLUS, realtà da tempo impegnata a sostenere nei fatti la vita e la dignità delle persone migranti che attraversano le alpi piemontesi.

I prossimi a essere attaccati, probabilmente, saremo noi. Sappiano tutti che ci troveranno pronte e pronti, con al fianco le migliori energie di questo territorio, antifasciste e attiviste. Il CTP condanna ogni forma di violenza che non è mai giustificabile e non appartiene alla nostra storia e al metodo della nostra azione politica. Il fascismo strisciante che si muove per ora protetto dalle ombre sappia che non abbiamo alcuna paura. Nessuna e nessuno di noi tornerà a nascondersi o pensa di abbandonare la lotta. Parimenti non tolleriamo in nessun modo che rappresentanti di istituzioni o della forza pubblica utilizzino termini quali “prigionieri” rivolti alle persone in stato di arresto o che gli organi di stampa propongano fantasiose e non documentate ricostruzioni dei fatti senza che vengano ascoltate tutte le parti coinvolte.

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